Il cioccolato, un prodotto agricolo

28/09/2020

Donna Elvira nel suo opificio

Uno dei motivi per cui amo il mio lavoro di artigiana è che, oltre a farlo il cioccolato, posso anche raccontarlo, parlarne, farlo conoscere.
Sì, mi emoziona quando le persone (e sono sempre di più a farlo, grazie!) vengono a farmi visita, nel mio opificio, e – a volte senza chiederlo esplicitamente, altre ponendo domande precise – esprimono il desiderio di conoscere qualche “segreto” su questo prodotto divino. È allora che, infervorata da così tanta curiosità, sopra il grembiule da pasticcera, indosso il saio della divulgatrice. E comincio a raccontare.

E sebbene nella mia narrazione non ometta qualche commento o qualche aneddoto – sempre con l’intento di non annoiare chi ha la bontà di ascoltarmi – quel che io racconto sul cioccolato è frutto di esperienza diretta, dei miei viaggi tra le piantagioni del mondo, di studi e letture, di ricerca curiosa e… di tante domande che io stessa mi sono sempre fatta riguardo al mio lavoro e al mio modo di farlo al meglio.
Sono di solito quattro i capitoli del mio racconto. E oggi mi piacerebbe esporli anche a voi, perché se siete entrati qui, nel mio sito, è un po’ come foste venuti a trovarmi in bottega e voleste fare una degustazione di cioccolato (sì, proprio come si usa fare con il vino). E allora:

  1. Il cacao – materia da cui prende origine il cioccolato – è un prodotto di natura agricola. Lo so, lo so… molti di voi non ci avevamo mai pensato. Molti di voi, i più giovani in particolare, sono stati finora convinti che il cioccolato nascesse tra gli scaffali dei negozi o dei supermercati. A essere fortunati, sui banconi di una pasticceria. E invece: il cioccolato, nella sua vera origine, viene dalla terra. Da un albero, da un frutto (la cabossa), da un seme (la fava). Una tavoletta di cioccolato, insomma, è un prodotto agricolo e vivo.
  2. (E qui entra in gioco la mia figura di artigiana). Fare vero cioccolato – non solo buon cioccolato, ma vero cioccolato – significa quindi due cose, principalmente. La prima è andare alla ricerca (ma andare sul serio: viaggiando in qua e in là, per il mondo…) di varietà di cacao pregiate, rare e di alta qualità (che si misura nella presenza delle note aromatiche). La seconda è lavorare, in maniera artigianale, le fave del cacao per trasformarle in una tavoletta che preservi la natura agricola del cacao. E la preservi in maniera naturale, integrale. Senza cioè le raffinazioni che, con lo scopo commerciale di rendere il cioccolato più vendibile e “piacevole”, ne alterano la natura.
  3. Sono ormai vent’anni che nel mio opificio, ho scelto di lavorare il cacao secondo questi principi. Rispettandone la natura e rispettando, cosa non meno importante, il lavoro – per non dire l’esistenza – di intere famiglie e comunità di contadini (come quella che a febbraio, in periodo pre Covid, ho avuto il piacere di conoscere di persona, nel mio viaggio tra le piantagione peruviane del Chuncho) che eroicamente, e spesso in territori impervi, custodiscono, preservano, curano e coltivano il cacao.
  4. A costruire le fondamenta di questo mio modello produttivo, è stato proprio il cacao. Che ha avuto il potere – olfattivo, gustativo, tattile – di solleticare la mia curiosità, la mia voglia di farmi domande e la mia necessità di non fermarmi, comodamente, alle prime risposte. Mi spiego meglio. Anche se ho sempre fatto cioccolato artigianale, e seguendo la tradizione modicana, non ne sono mai stata orgogliosa fino a quando non sono riuscita a trasformare radicalmente il processo produttivo e di completarlo con il bean-to-bar. Che in inglese significa: dalla fava di cacao alla tavoletta di cioccolato , ed è secondo me il modo autentico per lavorare nella filiera produttiva del cioccolato artigianale di qualità. Un modo, inoltre, per apprendere sempre qualcosa di nuovo su questa straordinaria materia prima, sulle sue terre d’origine, su chi l’ha coltivata, sulle sue note aromatiche, sulla sua capacità di integrarsi con altri aromi, sulla sua resistenza, sulle sue caratteristiche intime e pure.

Ecco perché mi permetto di dire che chi produce cioccolato regala cultura, memoria, bellezza, felicità. Perché il cioccolato, quello vero, ci abitua a porci delle domande; perché ci aiuta allenare i sensi (di nuovo, come succede col vino); perché mette di buon umore; perché è vivo come la terra e antico come la storia; perché ha un legame con la natura che ci chiama a rispettare la sua perfezione e non ha bisogno della nostra manipolazione.

E con questo, è tutto… ah, in questo “racconto” scritto ho tralasciato commenti e aneddoti. Ma solo perché so che quelli verrete a sentirli in bottega, durante la vostra degustazione di cioccolato.
Annunciatemi il vostro arrivo, scrivendomi qui.
A presto!